mercoledì 24 dicembre 2008

Italosomali .....


Articolo pubblicato sulla rivista Internazionale (n. 770, 2008) e scritto da Cristina:

La scorsa settimana ho partecipato per la prima volta a una riunione dell'Associazione Nazionale Italo-Somali. Cinque anni fa ero rimasta colpita dall'energia dissacratoria di Gianni Mari, presidente dell'Ancis, intervenuto durante un convegno piuttosto pomposo. Non ho avuto, in quel momento, modo di avvicinarlo, ma da allora ci siamo continuati a sentire per telefono come amici di vecchia data. Fonte di storie e di aneddoti inesauribile, mi faceva partecipe di quella che è, ormai da anni, sua ricerca e battaglia appassionataL'Ancis esiste dal 1996, l'obiettivo per cui è stata fondata è soprattutto quello di raccogliere documenti pubblici e privati che ricostruiscano la storia del meticciato italo-somalo, definito da Mari “frutto proibito della lunga relazione tra l'Italia e la Somalia.”La battaglia politica dell'Ancis riguarda il riconoscimento da parte dello stato italiano della responsabilità nei confronti dei soprusi e dei danni psicologici e fisici subiti dai ragazzi italo somali e dalle loro madri. “Chiediamo che lo stato faccia pubblicamente le sue scuse” dichiara Antonio Murat, membro dell'associazione.Strappati alle madri in tenerissima età e cresciuti in collegi in cui vivevano completamente isolati dalla comunità italiana e somala, i meticci continuarono a subire soprusi ben dopo la fine della seconda guerra mondiale e indipendentemente dalle leggi razziali. La maggior parte delle nascite da madre somala e padre italiano si registrano, infatti, nel periodo dell'Afis (Amministrazione Fiduciaria Italiana) tra il 1950 e il 1960 anno dell'Indipendenza somala. Nei collegi nasceva tra i ragazzi un forte senso del gruppo, risposta al doppio isolamento vissuto. Nell'intreccio emozionante di rincontri e ritrovamenti a cui ho assistito durante la riunione romana, mi ha molto colpito la storia raccontatami da Anna Gargiulo, partita da Modena verso Roma, insieme a due amiche provenienti da altre città del nord, sulle tracce di un compagno di scuola scomparso. Qualcuno aveva loro detto che vivesse come vagabondo senza tetto. La ricerca è culminata con la scoperta della sua morte.
Tra le presenti c'era la madre di un'amica d'infanzia, Olivia Marino, che da bambina consideravo molto bella.La scuola italiana e la “Casa d'Italia” di Mogadiscio erano un interstizio ibrido e chiuso anche negli anni Ottanta quando ho cominciato a frequentarle, tuttavia probabilmente non conservavano neppure l'ombra di quell'isolamento opprimente che dovevano aver vissuto gli italo somali nei collegi.

Nessun commento: